Il ritorno strisciante dell’eugenetica
di Daniela Conti
L’articolo è apparso col titolo “Migliorare i geni umani?” nel numero di marzo 2019 della rivista Biolcalenda
Di questo articolo è visibile nella stessa categoria la versione inglese “Trials of innatural selection”
di Daniela Conti
Dopo il Summit di Hong Kong e le rivelazioni di He Jiankui
Al momento in cui scrivo sono passati due mesi da quando, a fine novembre 2018, si è tenuto in Hong Kong il secondo Summit internazionale sull’editing del genoma umano. Sulla conferenza è esplosa la bomba mediatica del giovane scienziato cinese He Jiankui, che su YouTube ha annunciato al mondo di avere fatto nascere due bambine con DNA modificato in laboratorio. Mentre scrivo questo articolo, alla fine di gennaio, arrivano nuove notizie. Ecco gli aggiornamenti sul caso “CRISPR babies”. Prima è arrivata la sconfessione totale della Cina[i]. C’è stata un’inchiesta: He ha agito in segreto e da solo; è stato licenziato dalla sua università e sarà perseguito per aver violato “principi etici” e forse alcune leggi cinesi. I suoi esperimenti sono stati sospesi, ma le gemelle già nate e la donna che porta in grembo l’altro bambino editato saranno seguite da strutture sanitarie governative, afferma l’agenzia di stampa cinese Xinhua. Poi è arrivata da Davos, dove è in corso il Forum economico mondiale, la dichiarazione del Dr. Dzau, presidente della U.S. National Academy of Medicine: le tre Accademie delle Scienze più autorevoli del mondo – americana, britannica e cinese -, e altre importanti istituzioni scientifiche, hanno stabilito di creare una commissione permanente che dovrà redigere linee guida stringenti sull’utilizzo della tecnica CRISPR-Cas nell’editing genomico – in prospettiva, anche di embrioni umani destinati all’impianto in utero – e a sorvegliarne la rigorosa applicazione.
Confermate le conclusioni del Summit di Hong Kong
Si confermano quindi le conclusioni finali del Summit di Hong Kong: la condotta di He è condannata come spregiudicata e “irresponsabile” dal punto di vista etico e scientifico, ma la comunità mondiale dell’editing genomico appare determinata a procedere nella direzione di modificare il DNA di embrioni umani nell’intento di evitare gravi malattie genetiche, “quando non vi siano valide alternative cliniche”.
Si pensa al miglioramento genetico umano
L’idea – su cui si sta discutendo da anni e che dopo la scoperta di CRISPR-Cas ha avuto un’enorme accelerazione – è che sia possibile il “miglioramento genetico umano” (human genetic enhancement) attraverso la modifica del DNA negli embrioni. Il dibattito vede una gamma di posizioni, divise tra ‘favorevoli’ e ‘contrari’. I primi (tra loro la grande maggioranza dei ricercatori che lavorano con CRISPR-Cas) vedono in questa tecnica – un domani che tutti gli attuali aspetti di insicurezza e imprevedibilità siano stati risolti – lo strumento che consentirà il realizzarsi di una grande promessa: l’eliminazione delle malattie genetiche. Con l’editing della linea germinale (embrioni, uova e spermatozoi), le modifiche non si fermano al DNA del solo individuo trattato con CRISPR – in tal caso si parla di modifica somatica – ma si trasmettono a tutta la sua discendenza. Quindi i portatori dei geni di malattie spesso letali potranno generare una prole che non avrà la malattia e che non la trasmetterà a sua volta ai propri figli. Certo la promessa è allettante. Vale quindi la pena di esaminare più a fondo anche le ragioni dei ‘contrari’ alla modifica della linea germinale.
Il rischio di “un’eugenetica da consumismo”
Proviamo a immaginare che tra qualche decennio il livello tecnico-scientifico raggiunto renda fattibile intervenire sulla linea germinale umana con strumenti ritenuti “sicuri”. Ragionando per assurdo, immaginiamo anche che in quel lontano (?) futuro la crescente abitudine ad affidarsi alle soluzioni tecnologiche abbia reso accettabile sul piano culturale modificare a nostro piacimento negli embrioni non solo i geni difettosi e causa di malattie, ma anche quelli dei tratti estetici o – chissà – intellettivi dei nascituri. Difficile pensare che non ci sarebbero scienziati disposti, come He, ad assecondare per ambizione o per interesse i desideri dei potenziali genitori. Certo solo la fascia più abbiente della società potrebbe accedere a questo tipo di servizi, anche quando fossero non del tutto leciti o situati in paesi più permissivi. Ammettendo la possibilità per genitori facoltosi di far nascere figli con le caratteristiche desiderate, si prefigura un futuro inquietante: differenze socioeconomiche sarebbero tradotte in differenze genetiche. Questo non farebbe che aumentare il divario e i conflitti entro una società che già oggi soffre di profonde disuguaglianze. Non a caso alcuni bioeticisti paragonano l’ammettere la modifica della linea germinale umana all’aprire il “vaso di Pandora” in società dominate dal denaro e dalla cultura consumistica. Per rappresentare questa situazione è stato coniato il termine “eugenetica da consumismo” (consumer eugenics), l’esasperazione di un trend che si fatica a non vedere già in atto.
[i] Ad agosto 2019, nuovi documenti emersi di recente sembrano invece indicare che il Ministero della Scienza cinese non solo fosse al corrente degli esperimenti di He Jiankui. ma che li avesse anche finanziati.
L’eugenetica nella storia e oggi
Oggi eugenetica è una parola messa al bando: troppe volte nell’ultimo secolo si è associata a pratiche condannate dalla storia come delitti efferati. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che il suo significato etimologico è esattamente quel “miglioramento genetico”, anche umano, di cui si sta parlando. Certo l’idea attuale di miglioramento genetico non si fonda su quei concetti di “razze e classi inferiori” che in passato hanno generato le sterilizzazioni di massa e gli stermini che la storia ci ha consegnato. E tuttavia, fatti i necessari distinguo, non dobbiamo chiudere gli occhi sul fatto che ogni scelta scientifica ha importanti ricadute sociali. La scienza è insieme figlia e artefice del suo tempo, intrecciata com’è alle idee e alle condizioni economico-sociali della sua epoca. Occorre che, dentro e fuori dall’ambiente scientifico, tutta la società possa prendere decisioni consapevoli e non sia esclusa da scelte di questa portata.
Una visione evoluzionistica del problema
Un’altra angolazione importante da cui esaminare la questione è quella più prettamente biologica. Oggi si dice che si interverrà sulla linea germinale umana solo per modificare i geni che, se presenti nel DNA in due copie (una ereditata dal padre e una dalla madre), causano malattie letali come la fibrosi cistica, la talassemia o la malattia di Tay-Sachs. Consideriamo un principio fondamentale del concetto di selezione naturale nella teoria di Darwin: è l’ambiente a operare la selezione sui viventi. Cioè saranno le mutevoli – e perciò imprevedibili – condizioni dell’ambiente (che è naturale e sociale) a far sì che possedere certi geni sia un vantaggio oppure uno svantaggio selettivo per un dato individuo. Quindi la cosa più vantaggiosa per una popolazione (di qualsiasi specie di organismo) esposta a cambiamenti ambientali importanti è che esista al suo interno una grande diversità genetica; questo garantirà che ci sia sempre almeno una parte di popolazione in grado di sopravvivere e riprodursi nelle nuove condizioni. In altri termini, per ogni dato organismo non esiste una costituzione genetica che sia migliore di un’altra in assoluto, ma può esserlo solo relativamente agli ambienti in cui l’organismo vive.
Possedere un gene di una malattia può fornire un vantaggio selettivo
In particolari condizioni ambientali i geni “nocivi” sono vantaggiosi. Questo spiega anche perché dopo migliaia di anni di evoluzione umana, e quindi di selezione naturale, certi geni “nocivi” continuino a essere presentì nei nostri DNA. Per esempio, possedere due copie del gene della talassemia è una condizione letale, ma possederne una sola copia nelle zone paludose protegge dalla malaria. Ancora, il gene che in duplice copia causa la fibrosi cistica, in copia singola può conferire resistenza contro il batterio del colera. Analogamente, una singola copia del gene della malattia di Tay-Sachs protegge dalla tubercolosi. Un ulteriore esempio è il gene CCR5 modificato da He nelle gemelle perché, se disattivato, dovrebbe ostacolare l’ingresso del virus HIV nelle cellule. Ma lo stesso gene pare avere anche un’azione invece protettiva contro altre malattie virali, come la febbre del West Nile e l’influenza (endemica in Cina). £
Ogni gene influenza più caratteristiche, non una sola
Questi esempi mettono bene in luce anche un altro aspetto fondamentale della nostra dotazione genetica: praticamente mai un gene influenza una sola caratteristica. Si potrebbe sintetizzare così la regola generale di funzionamento del DNA: molti geni-per-molti caratteri (l’opposto della corrispondenza uno-a-uno postulata dalla classica teoria che è ancora al fondamento dell’ingegneria genetica).
Il DNA funziona come una rete di relazioni reciproche fra i geni e con l’ambiente
L’influenza che l’ambiente esercita sul DNA è ormai così chiara che per studiarla è nata una nuova branca della biologia, l’epigenetica, ovvero lo studio di tutti i fattori esterni ai geni che ne controllano il funzionamento. I fattori ambientali – come il cibo, i farmaci, l’esposizione a sostanze tossiche, a emozioni e a comportamenti – provocano nel DNA particolari cambiamenti di struttura che portano alcu genetico ni geni a essere attivi e altri inattivi, senza modificare la sequenza delle basi (come invece fa l’editing genetico). E, cosa oramai provata da numerosi studi, questi cambiamenti epigenetici cioè strutturali che controllano l’espressione dei geni sono anch’essi ereditari, cioè sono trasmessi ai figli insieme alle sequenze geniche. Se non si tiene conto di questa complessità di interazioni/effetti, i tentativi di migliorare la dotazione genetica umana modificando la sequenza del DNA embrionale possono alla lunga esporci al rischio di ridurre la diversità genetica della nostra specie, omologandola sulla scorta di criteri che, in base a quanto oggi (non)sappiamo, si possono definire opinabili.
La vera ricchezza della specie umana sta nella sua diversità genetica
Tale complessità sollecita piuttosto un’inversione di ottica: la qualità dell’ambiente dovrebbe essere al centro di ogni scelta tesa a migliorare la salute umana, e dovremmo porre il massimo impegno nel salvaguardare la variabilità e l’imprevedibilità quali proprietà intrinseche, sorgente stessa della vita in tutti gli esseri. Andare in direzione contraria ammettendo la modifica della linea germinale umana non è saggio, poiché rischia di ridurre in modi pericolosamente imprevedibili il vero patrimonio della specie: la sua diversità genetica. Non tutto ciò che è possibile fare è opportuno che sia fatto, e in questa scelta sta l’essenza stessa della libertà umana.