la nostra galassia, la via lattea

La Via Lattea e le nubi di Magellano, piccole galassie orbitanti come satelliti intorno alla nostra. Fonte  NASA, vedi qui.

LA VITA SULLA TERRA: I PRIMI 4 MILIARDI DI ANNI

di Daniela Conti

Le origini  

Il DNA non ha creato la vita, la vita ha creato il DNA (Barry Commoner)

Esula dagli scopi di questo libro seguire nel dettaglio le innumerevoli piste tracciate dall’evoluzione dei viventi. Ma poiché sto cercando di considerare la vita nei suoi aspetti più fondamentali, penso sia utile delineare per sommi capi un racconto delle origini, isolando lungo i miliardi di anni di storia della vita sulla Terra alcune tappe principali nell’evoluzione della fantastica diversità delle sue forme.

Dal cosmo alla Terra 

Più di 14 miliardi di anni ha l’universo, e pochi di meno ne ha la nostra galassia, la Via Lattea, una fra trilioni di galassie che popolano lo spazio. Intorno al centro della sua lucente spirale, splendente contro il buio del cosmo, ruotano 100 miliardi di stelle, ancor più pianeti, e nebulose e polveri interstellari.

Circa 4,5 miliardi di anni fa, in un quadrante periferico della spirale, i detriti lasciati dall’esplosione di una supernova diedero origine, vorticando sotto la spinta di immani forze gravitazionali, al nostro sistema solare. Al centro della nube si formò una palla infuocata di idrogeno ed elio, il Sole. Intorno a lui, sulle prime orbite iniziarono ad aggregarsi ammassi di rocce incandescenti, mentre sulle orbite via via più distanti si formarono pianeti gassosi sempre più freddi.

Sulla terza orbita dal Sole andò aggregandosi la Terra. Gli inizi furono infuocati e turbolenti. La massa del pianeta in formazione cambiò violentemente in seguito allo scontro con un altro corpo celeste, Theia, che portò alla nascita della Luna. La crosta impiegò milioni di anni per solidificarsi, raffreddandosi lentamente intorno a un nocciolo di metalli fusi, sovrastato da un mantello di rocce fluide. Ancora oggi il nocciolo è attivo e continua a mantenere immersa la Terra in un campo elettromagnetico che ci protegge dai venti solari, mentre il mantello fluido fa slittare le zolle di crosta, provocando da sempre la deriva dei continenti.

Dalle viscere incandescenti della Terra primordiale, sempre nuovo magma veniva eruttato dalle bocche di innumerevoli vulcani. Nubi pesanti, condensa di vapore acqueo e gas velenosi, scaricavano senza tregua pioggia acida e fulmini sulla superficie terrestre che, non protetta dall’atmosfera primitiva priva di ossigeno, era esposta anche al continuo bombardamento di raggi ultravioletti e di meteoriti dallo spazio. Così passarono milioni e milioni di anni. Eppure, anche in quell’inferno, la vita ebbe inizio. E, attraverso tappe che non riusciamo del tutto a ricostruire, si sviluppò fino a portare, circa 3,5 miliardi di anni fa, agli organismi unicellulari per i quali disponiamo delle prime tracce fossili nelle più antiche rocce oggi esistenti sulla Terra.

supernova e stella

Supernova e stella. Dalla Hubble Gallery della NASA, qui.

L’evoluzione prebiotica

Difficile dire come la vita ebbe origine, quando non sappiamo neppure dare una precisa definizione di che cosa sia, la vita. Tuttavia, varie evidenze indicano che, nell’infernale Terra dei primordi, abbia avuto luogo un’evoluzione chimico-molecolare che portò, circa 4 miliardi di anni fa, ai cosiddetti protobionti. Erano microsfere di aggregati molecolari racchiuse da una membrana lipidica (di grassi) semipermeabile, sistemi già capaci delle fondamentali funzioni che diciamo caratteristiche della ‘vita’: rispondere all’ambiente circostante in modo tale da sopravvivere e riprodursi.

Si pensa che tutto abbia avuto inizio nel brodo primordiale, cioè nelle acque calde e ricche di sostanze nutritive disciolte che ricoprivano gran parte della superficie terrestre. L’acqua, elemento essenziale per la vita, ha un’origine ancora misteriosa. Sembra sia giunta qui dallo spazio, tramite l’impatto di comete e di asteroidi; o forse, secondo una teoria recente, era già presente nei detriti rocciosi della nube cosmica che originò il pianeta. Probabilmente, con le meteore giunsero sulla Terra anche amminoacidi e sostanze organiche, i primi mattoni per le molecole di cui sono composti i viventi, forgiate nello spazio e presenti anche oggi nelle rocce che piovono sulla Terra.

Nel mezzo miliardo di anni fra il probabile inizio della vita e gli esseri unicellulari delle prime tracce fossili, avvenne l’evoluzione dai protobionti alle protocellule, esseri simili ai batteri, ma più primitivi rispetto alla loro organizzazione genetica e all’attività enzimatica. Questi organismi unicellulari furono i nostri più antichi progenitori, gli antenati comuni a tutte le successive forme di vita terrestri.

la terra dei primordi

Che cos’è la vita?

Ma il percorso appena delineato non spiega ancora la vita, né la sua origine. Dove dobbiamo collocare il punto 0 d’inizio della vita sulla Terra? In quale tappa dell’evoluzione molecolare? Era forse già vita quando certi grassi in sospensione nel brodo degli oceani formarono membrane che racchiusero vescicole di liquido acquoso, dando così origine a un ambiente interno separato da quello esterno, ma con la capacità di scambiare materiali, crescere e riprodursi? Oppure si può parlare di ‘vita’ quando dentro quelle microsfere iniziarono a formarsi le prime catene di acido nucleico, molto probabilmente RNA? O quando cominciò la produzione di proteine, grazie alla proprietà dell’RNA di fungere insieme da primordiale codice genetico e da catalizzatore di sintesi chimiche? O invece dobbiamo far coincidere l’inizio della vita con la comparsa del DNA, che coi suoi due filamenti complementari costituiva un archivio dell’informazione genetica più stabile dell’RNA? Non lo sappiamo. Nessuno è davvero in grado di dire quale sia stata l’origine della vita, né di definire quale ne sia la qualità essenziale. Nessuno è in grado di identificare la soglia tra non-vita e vita.

Possiamo solo fare ipotesi al riguardo, e riportare ciò che risulta dall’osservazione dei viventi: la vita è caratteristica di sistemi molecolari complessi. Per sistema complesso s’intende un sistema aperto rispetto ai flussi in entrata e in uscita di materia ed energia, capace di autopoiesi, cioè autoprodurre, autoregolare e autorganizzare le proprie componenti), e inoltre capace di riprodurre se stesso e di evolversi quale entità funzionale.

RNA e DNA.  Si ritiene che il primo acido nucleico a formarsi sia stato l’RNA per via delle sue attività autocatalitiche, oltre alle proprietà codificanti. Il DNA, più stabile in quanto a doppio filamento, si sarebbe evoluto più tatdi. Fonte qui.

RNA e DNA

Come giudicare allora il DNA, è ‘vita’ oppure no? E’ una molecola complessa, ma da solo non è in grado di riprodursi. Per potersi duplicare il DNA ha bisogno che intervengano molte proteine (tra cui un enzima specifico, la DNA polimerasi) a loro volta prodotte dal DNA. Inoltre, ha bisogno che siano presenti inneschi (cioè brevi catene) di RNA, necessari per dare inizio a ogni nuovo filamento di DNA. Un bell’intrico! E come spesso accade in biologia, ci ritroviamo in un circolo vizioso, stile: “E’ nato prima l’uovo o la gallina?”

Un bandolo dell’intricata matassa sta nel dare la giusta  rilevanza a una caratteristica fondamentale di ogni elemento che partecipa della vita, dal livello molecolare a quello di cellula o di organismo: la costante capacità d’interagire, con se stesso e con tutti gli elementi presenti nell’ambiente circostante, in modo adattativo e utile alla sopravvivenza.

Oggi l’esobiologia studia la possibilità che la vita sia presente su altri pianeti, anche orbitanti intorno ad altre stelle della nostra galassia. Seguendo questa visione, allora possiamo pensare che la vita sia una proprietà intrinseca alla materia che conosciamo - e che costituisce il 5% di questo universo. O forse, per assonanza con la materia e l’energia oscure oggi postulate dalla fisica, potremmo pensare la vita come la qualità di una materia, o un’energia, che pervade l’universo e la cui essenza ancora ci sfugge?

In biologia come in fisica, le recenti scoperte sembrano spalancarci davanti una folla di domande senza risposta. La nostra abissale ignoranza del cosmo, che le scienze oggi mettono in evidenza, dovrebbe indurci a recuperare un senso profondo di appartenenza e, insieme, un’umiltà antica che ci renda capaci di accogliere nuovamente in noi la sfera del mistero.

doppia elica

Le altre tappe fondamentali dell’evoluzione della vita sulla Terra - Una prospettiva antropocentrica

 

I primi organismi unicellulari

Proseguiamo allora nel racconto di come la vita si è evoluta qui, sul terzo pianeta dal Sole. Torniamo ai progenitori di tutti i viventi, a quei microscopici esseri unicellulari, simili agli odierni batteri, che miliardi di anni fa nuotavano nei caldi oceani terrestri.

Come si è detto, erano cellule semplici: una membrana lipidica che racchiudeva al suo interno una sostanza acquosa, il citoplasma. In una regione centrale più densa, fluttuava libera nel citoplasma una molecola circolare di DNA, non racchiusa entro una membrana nucleare come invece accade nelle cellule dotate di un vero nucleo.

alcune specie di Archei

La grande biodiversità anche morfologica degli Archei. Dall’alto verso il basso: Methanohalophilus mahii, Pyrococcus furiosus, Prometheoarchaeum, Halobacteria. Fonte qui.

In base all’assenza o alla presenza di un nucleo limitato da membrane, oggi distinguiamo le cellule in procariote (da pro-, prima; e dal greco kàryon, nucleo, cioè “prima di un vero nucleo”) ed eucariote (dal greco eu, buono, vero; kàryon, nucleo). I moderni Procarioti comprendono i batteri e gli archèi (Archaea, di cui parlerò fra poco), tutti unicellulari; gli Eucarioti abbracciano alghe, funghi, piante e animali, unicellulari e pluricellulari, acquatici e terresti. Ma torniamo al citoplasma dei primi viventi.

Come gli odierni batteri, quei primi organismi unicellulari mancavano, oltre che del nucleo, anche delle strutture presenti nel citoplasma delle cellule nucleate. In particolare mancavano di organelli (strutture citoplasmatiche dotate di un proprio DNA), cioè di mitocondri - vere fabbriche di energia presenti in tutte le cellule eucariote - e di cloroplasti, ovvero gli organelli presenti solo nelle cellule vegetali, capaci - grazie a molecole come la clorofilla - di catturare l’energia della luce solare e di trasformarla in energia chimica per le reazioni del metabolismo.

Oggi chiamiamo estremofili gli organismi che vivono in ambienti estremi, come sorgenti geyser caldissime, laghi salati o pozze d’acqua radioattiva. E certo non si può dubitare che, date le condizioni della Terra alle origini, i suoi primi abitatori fossero davvero estremofili. Una prova indiretta viene dal fatto che molte specie degli archei odierni (procarioti, come i batteri) sono tuttora in grado di vivere anche negli ambienti più inospitali del pianeta; dal loro studio sono venute indicazioni importanti sulle prime forme di vita terrestri.

cianobatterio

Struttura interna di un cianobatterio. Autore  Kelvinsong. Fonte qui.

Se gli archei furono capaci di adattarsi a utilizzare le più diverse forme di energia (dall’idrogeno gas agli ioni metallici all’ammoniaca), gli antenati dei batteri odierni non furono da meno quanto a inventiva. Infatti in un gruppo di questi protobatteri iniziò a evolversi - intorno a 3 miliardi di anni fa - un processo chimico speciale, la fotosintesi ossigenica, che li rendeva capaci di trasformare la luce, l’anidride carbonica  e l'acqua in carboidrati ricchi di energia, rilasciando ossigeno nel processo. Questi microbi intraprendenti furono gli antenati dei cianobatteri, così chiamati per il loro colore verde-azzurro. Come vedremo, questi piccoli batteri verdi hanno avuto una parte fondamentale nell’evoluzione del nostro pianeta e della vita che lo abita.

cianobatteri

Colonie filamentose di cianobatteri. Autore Minami Kawasaki.   Fonte qui.

La teoria dell’evoluzione per simbiosi seriale

Negli ultimi decenni gli studi sui genomi hanno permesso di ricostruire, in base alle somiglianze genetiche, gli alberi filogenetici degli organismi attuali e molte tappe dell’evoluzione dei viventi. Si è così scoperto che gli archei sono per certi aspetti dei loro geni e del metabolismo più simili ai batteri, mentre per altri sono più simili agli eucarioti unicellulari. Gli studi hanno confermato la teoria della simbiosi seriale proposta negli anni Sessanta da Lynn Margulis (geniale biologa di cui parlerò più avanti). Secondo questa teoria, una delle principali forze propulsive dell’evoluzione dei viventi sta nell’acquisizione di interi genomi, ovvero nella fusione tra organismi di tipo diverso. Quando la fusione porta all’instaurarsi di una collaborazione - spesso difficile agli inizi - tra i due partner, il processo di reciproco adattamento può sfociare nella completa simbiosi. Emergono allora nuove proprietà e funzioni e con esse, infine, una nuova identità integrata: un nuovo tipo di organismo.

Il confronto tra i DNA di tutti i tipi di organismi attuali, compresi i DNA degli organelli citoplasmatici, ha confermato la teoria di Lynn Margulis: la cellula eucariotica si sarebbe evoluta attraverso una serie di eventi di fusione, seguiti dallo stabilirsi di uno stretto parternariato (endosimbiosi) tra organismi in origine autonomi.

differenze tra procarioti ed eucarioti

Differenze morfologiche e strutturali fra una cellula procariotica (priva di nucleo) e una cellula eucariotica (con nucleo). Fonte qui.

La fusione che portò alle cellule nucleate

Il primo di questi eventi di fusione coinvolse un archeo amante dello zolfo e del calore, nemico dell’ossigeno (cioè anaerobio), il quale si fuse con un batterio anch’esso anaerobio. Insieme, i due partner si integrarono in un’unica cellula: l’archeo divenne il nucleo, il batterio il citoplasma del nuovo organismo anaerobio. Da questo eucariota primitivo sono poi discese tutte le cellule dotate di nucleo, dagli eucarioti acquatici unicellulari, agli eucarioti pluricellulari, prima acquatici poi terrestri, fino alle cellule nucleate che tuttora compongono i funghi, le piante e gli animali (e quindi noi).

Per milioni di anni, quest’antenato comune di tutti gli eucarioti continuò a evolvere strutture e processi sempre più sofisticati. Il più importante tra questi fu il processo (mitosi) di duplicazione del DNA nucleare, seguita dall’uguale ripartizione del nucleo e del citoplasma della cellula madre fra le due cellule figlie. La mitosi è ancora il processo con cui tutte le cellule nucleate si dividono, trasmettendo di madre in figlie un identico numero di cromosomi (= DNA + proteine).

La fusione che portò alle cellule con nucleo e mitocondri       

Le cellule nucleate primitive furono le protagoniste di un secondo grande evento di fusione. Un altro tipo di batterio libero nuotatore, questa volta aerobio, fu inglobato da una cellula nucleata; durante il processo di adattamento e integrazione, il nuovo partner si trasformò ln mitocondrio. I nuovi organismi unicellulari, dotati di nucleo e mitocondri, comparvero circa 1,5-1,2 miliardi di anni fa.

Queste cellule divennero sempre più grandi e complesse e si moltiplicarono rapidamente poiché, grazie alla loro capacità di utilizzare l’ossigeno come fonte energetica, trassero vantaggio dai cambiamenti avvenuti nell’ambiente terrestre.

La Terra non era più il luogo infernale dei primordi. Il vulcanismo, con le sue emissioni di gas tossici e CO2 in atmosfera, stava diminuendo; la copertura delle nubi si attenuava e il sole brillava più luminoso. Anche la composizione dell’atmosfera era cambiata: la concentrazione di gas serra - CO2 e metano - era diminuita, mentre era progressivamente aumentata quella dell’ossigeno libero. Dopo che l’ossigeno si era andato accumulando per centinaia di milioni di anni grazie all’attività dei cianobatteri, nell’atmosfera iniziò a formarsi una sottile fascia di ozono che proteggeva il pianeta dai raggi UV e dalle meteoriti. Si pensa che questo primo aumento dell’ossigeno in atmosfera sia stato un fattore importante nell’innescare il susseguirsi di ere glaciali, in cui la superficie terrestre fu per certi periodi ricoperta forse interamente da neve e ghiacci.

Anche sulla vita, allora concentrata negli oceani, i nuovi livelli di ossigeno libero ebbero effetti epocali. La cosiddetta ‘crisi dell’ossigeno’ fu una delle prime estinzioni in massa delle forme di vita terrestri, eliminando molti degli abitatori della Terra che erano anaerobi. Altre importanti innovazioni emersero, nel corso di milioni di anni, in quel mondo acquatico popolato da forme di vita unicellulari. Alcuni tra i primi eucarioti iniziarono ad aggregarsi in complessi multicellulari ancora molto semplici, al massimo colonie composte da più individui indipendenti.

Ma un’innovazione ancora più importante fu l’evoluzione della riproduzione sessuale che, implicando l’unione di due sessi, favoriva la ricombinazione fra i DNA di individui differenti, e con essa un aumento della diversità genetica ad ogni nuova generazione di organismi. All’evoluzione del sesso si associò quella di un tipo particolare di divisione cellulare (meiosi). La meiosi consente a una cellula sessuale (gamete) di dimezzare il numero dei cromosomi, numero che poi si ricostituisce completo all’atto della fecondazione, ovvero tramite la fusione con un gamete del sesso opposto. In questo modo il numero di cromosomi di una data specie si mantiene costante di generazione in generazione. Si pensa che sesso e meiosi abbiano favorito l’emergere di genomi di grandi dimensioni, con la presenza di più cromosomi per cellula.

Intorno a 1 miliardo - 900 milioni di anni fa, si verificò un’altra innovazione di enorme portata strategica per la vita sul pianeta.

cellula eucariotica animale

Cellula eucariotica animale dotata di nucleo e mitocondri. Autore Mediran. Fonte qui.

struttura di una cellula vegetale

Struttura della cellula vegetale. Fonte qui.

La fusione che diede origine agli eucarioti con cloroplasti: i vegetali    

 Nel pullulare di vita unicellulare degli oceani terrestri, circa 900 milioni di anni fa avvenne l’ultima delle fusioni che hanno dato origine alle cellule complesse attuali. Un eucariota, cioè un discendente delle cellule con nucleo e mitocondri originate dalle precedenti fusioni, inglobò o cercò di divorare un batterio verde capace di fotosintesi ossigenica. Il batterio risultò un po’ indigesto all’eucariota, che non riuscì a liberarsi del nuovo ospite. E per fortuna, perché la simbiosi che si instaurò fra i due si rivelò estremamente proficua. Il processo d’integrazione fu lungo e complicato da scambi di geni fra simbionti differenti; ma alla fine, il risultato fu la trasformazione del batterio verde nel cloroplasto, organello citoplasmatico di un nuovo eucariota. Da questi progenitori discesero le prime alghe marine unicellulari, antenate di tutti i vegetali. Grazie a questa fusione, la capacità sviluppata dai batteri di produrre gli zuccheri necessari per sopravvivere a partire dalle risorse più comuni sulla Terra - luce, acqua e CO2 - fu trasferita intatta alle cellule eucariote, più grandi e complesse.

Fu un ‘salto quantico’ nell’evoluzione della vita sulla Terra: probabilmente uno dei fattori che più contribuirono a modellare il pianeta, trasformando la Terra in un pianeta dove l’ossigeno libero era relativamente abbondante, e non più scarso. Le acque degli oceani divennero sempre più trasparenti, e lo stesso avvenne per l’atmosfera.

Il mondo perduto di Ediacara

Intorno a 600 milioni di anni fa, in una Terra in cui glaciazioni intense, che facevano del pianeta un’immensa palla di neve, si alternavano a periodi di aumentata temperatura, comparvero numerose forme animali pluricellulari. Come risulta da giacimenti fossili rinvenuti in alcune parti del mondo, in particolare nelle colline di Ediacara in Australia, questa fauna - detta di Ediacara - era composta da animali in prevalenza a simmetria raggiata più che bilaterale. Gli animali ediacarani erano in genere sessili, cioè ancorati al fondo, e avevano corpo molle e privo di strumenti sia di offesa che di difesa. Ciò ha fatto pensare a un mondo dove la sopravvivenza non dipendeva da rapporti di predazione, forse perché biofilm batterici sui fondali e particelle di nutrienti in sospensione offrivano fonti abbondanti di nutrimento anche per individui ancorati al fondo. Si suppone che il cambiamento delle condizioni ecologiche e la comparsa dei primi esemplari della fauna cambriana - molto più mobili e spesso predatori - abbiano poi portato all’estinzione completa del mondo di Ediacara.

fauna di Ediacara

Ricostruzione artistica della fauna di Ediacara. Autore Ryan Somma. Fonte qui.

CONTINUA in   STILL LIFE - INTRODUZIONE II