IL LATO OSCURO DELLE NUOVE TECNICHE DI EDITING
Questo articolo è un estratto dal documento “Costruire il futuro: Curare la biodiversità agricola e naturale” (prossimo link), scritto da un gruppo di persone perché fosse parte integrante del progetto “Biodiversità e sementi contadine”, presentato alla Regione Emilia-Romagna dalla Rete per la Sovranità Alimentare (prossimo link) e dal CRESER (Coordinamento Regionale per l’Economia Solidale in Emilia-Romagna)
Sommario:
I nuovi OGM, ovvero il lato oscuro delle nuove tecniche di editing
- L’editing genomico, ovvero le nbt
- La narrazione ufficiale delle nbt
Nbt con impiego di vettori
- Effetti off-target dell’editing
- Effetti on-target non voluti dell’editing
- Inserimenti non voluti di DNA estraneo, ovvero creazione di OGM secondo la definizione standard
Nbt DNA-free, cioè senza impiego di vettori
- Mutazioni non volute on- e off-target
- Mutazioni in geni della riparazione del DNA e geni del ciclo cellulare
- Ignoranza dei complessi meccanismi d’azione del sistema CRISPR-Cas9
(Nota: i numeri progressivi che compaiono fra parentesi a fianco delle voci bibliografiche sono relativi alla bibliografia del documento originale.)
I NUOVI OGM, OVVERO IL LATO OSCURO DELLE NUOVE TECNICHE DI EDITING
Nel 2012, due ricercatrici (recentemente insignite del Nobel per la loro scoperta) trovarono che il sistema chiamato CRISPR-Cas9, con cui i batteri si difendono dalle invasioni dei loro virus tagliandone a pezzi il DNA, poteva costituire un sistema universale di editing (modifica) del DNA. Queste tecniche, dette gene (o genome) editing e spesso abbreviate in nbt, new breeding techniques, si avvalgono di un sistema costituito da due componenti principali: (A) un RNA guida (gRNA) derivato dalla sequenza batterica detta CRISPR, il quale dirige (B) una proteina detta Cas9 verso una specifica sequenza di DNA. Qui giunta, Cas9 taglia entrambi i filamenti del DNA. Queste doppie rotture prodotte nel DNA da Cas9 vengono poi riparate, con precisione variabile, dai meccanismi insiti nella cellula sottoposta all’editing.
Uno dei vantaggi riconosciuti delle tecniche di editing è il fatto che la modificazione può avvenire entro specie, ovvero nel DNA dell’organismo che si intende modificare non vengono inseriti (almeno in teoria) elementi genetici di origine estranea, cioè provenienti da una specie diversa. (Per questo motivo l’editing è indicato come una tecnica di cisgenesi e non di transgenesi.)
Prima del 2012, per modificare le sequenze di basi nei DNA si utilizzavano altri strumenti molecolari (p.e. le nucleasi Zinc Finger [ZFN] e TALEN), che comportavano procedure lunghe e complicate. Grazie a semplicità, rapidità e bassi costi, il sistema CRISPR-Cas9 è divenuto uno strumento di editing alla portata di quasi tutti i laboratori e per questo ha avuto una rapidissima diffusione in tutto il mondo, con un aumento vertiginoso degli esperimenti di editing su piante e animali.
Nel manifesto “Prima i geni – Liberiamo il futuro dell’agricoltura” (49: SIGA, 2017), pubblicato dalla Società Italiana di Genetica Agraria (tra i principali fautori di un approccio biotecnologico alla soluzione dei problemi in agricoltura), sì legge: “(p. 2) Proprio perché cambia un solo carattere, magari quello che può rendere la pianta resistente a un parassita o al cambiamento climatico, o più nutriente, il genome editing ci può aiutare a conservare una varietà tipica esattamente com’è e come ci piace oggi. …. (p. 12) Le modificazioni genetiche, quando il genome editing viene utilizzato come strumento di mutagenesi biologica, sono infatti assolutamente puntuali, e al contrario di tutte le tecniche utilizzate nell’ultimo secolo – tradizionali e OGM – non sono accompagnate da alcun altro cambiamento nel genoma della pianta, dunque da nessun altro tipo di effetto” …..
“(p. 15) Il miglioramento [genetico] diventa infatti di assoluta precisione, perché riesce a cambiare solo il tratto di DNA da migliorare e nessun altro (meglio quindi di qualsiasi tecnica tradizionale come incrocio e mutagenesi) e senza introdurre DNA estraneo (come negli OGM o nelle ibridazioni fra specie diverse). L’assenza di altri cambiamenti nel resto del genoma è la migliore garanzia dell’assenza di effetti indesiderati, ma anche della tutela della tipicità del prodotto. … (p. 25) In pratica, il sistema CRISPR-cas9 è un “bisturi” molecolare estremamente preciso… con il genome editing si produce solo la mutazione voluta, senza ottenerne anche molte altre, indesiderate e distribuite casualmente nell’intero genoma.”
L’insistenza è sulla precisione della modifica genetica, definita “puntuale” cioè in un punto ben preciso e solo in quello, tanto da poter escludere effetti indesiderati (brutte sorprese, potremmo dire). Questa fiducia nella totale prevedibilità dello strumento porta poi la SIGA a formulare un appello (p. 15 del manifesto citato) perché i prodotti di queste nuove tecnologie di editing siano sottratti alla regolamentazione degli OGM e immessi in commercio senza alcun particolare controllo pre- e post-mercato.
Diventa quindi necessario, per evitare potenziali rischi per l’ambiente e le persone, approfondire la questione della precisione di queste nuove tecniche.
Nbt con impiego di vettori
Iniziamo con l’indagare la tecnica utilizzata in maniera assolutamente predominante fino a non molto tempo fa, cioè l’editing mediato da vettori. In questa tecnica, per entrare nelle cellule e agire, le due componenti del sistema CRISPR-Cas9 devono essere ‘montate’ su vettori. In genere si tratta di molecole circolari di DNA derivate da batteri (dette plasmidi) o da virus ingegnerizzati. Numerosi studi hanno evidenziato effetti non voluti di questa tecnologia, che possono essere distinti in:
- Effetti “off-target”, cioè fuori bersaglio, in quanto avvengono in punti del genoma diversi da quello che si intende modificare, spesso anche distanti. Il problema di queste mutazioni non volute è che potenzialmente possono portare alla produzione di tossine, anti-nutrienti e allergeni, ovvero composti nocivi alla salute e all’ambiente.
- Effetti “on-target” (sul bersaglio) non voluti, perché la tecnica produce a volte effetti imprevisti anche a livello della sequenza bersaglio su cui si interviene con l’editing.
- Creazione di OGM in senso classico, ovvero di organismi transgenici, in seguito all’incorporazione, nel DNA dell’organismo editato, dell’intero vettore (o suoi frammenti) che ha trasportato le componenti dell’editing dentro le cellule. Poiché tali vettori sono di origine batterica o virale, la loro integrazione nel DNA dell’organismo editato fa di esso un OGM secondo la definizione standard.
Vediamo alcuni esempi di questi tre diversi casi.
La vite è una delle colture su cui si stanno applicando le tecniche di editing genetico.
Effetti off-target dell’editing Come si è detto, molti lavori hanno messo in luce il verificarsi di mutazioni off-target nei DNA editati, più spesso in esperimenti su cellule animali, ma anche nelle piante (per le cellule animali vedere ad esempio 50: Skryabin et al,. 2020; per le piante, p.e., 51: Zhang et al., 2018: 52: Hahn e Nekrasov, 2019). In generale, nella letteratura scientifica gli effetti off-target dell’editing mediante CRISPR-Cas9 sono definiti un problema molto comune, attenuabile ma non eliminabile, e si lamenta il fatto che tali effetti passano spesso inosservati, anche per i limiti delle metodiche standard di individuazione. Purtroppo si tratta di inserzioni e delezioni di basi del DNA, o anche di riarrangiamenti di lunghi tratti, ovvero di mutazioni le cui potenziali conseguenze sull’ambiente e sulle persone dovrebbero essere individuate, studiate e valutate.
Ciò detto, è piuttosto preoccupante quanto è emerso da un lavoro svolto da ricercatori dell’istituto federale tedesco di Biosicurezza delle biotecnologie vegetali (53: Modrzejewski, Hartung et al. , 2019). Gli autori hanno sondato i maggiori database scientifici on-line per individuare tutti gli articoli sull’editing delle piante pubblicati tra gennaio 1996 e maggio 2018. Sono stati così trovati 1328 studi di cui ben 1032 (77.7%) condotti con CRISPR-Cas. Si è poi trovato che solo nel 22% degli studi di editing delle piante mediante CRISPR-Cas si è condotta un’approfondita analisi delle possibili mutazioni fuori bersaglio, non volute, nel DNA editato. Ovvio concludere che, se non le si cerca, certo di queste mutazioni poi non si trova traccia.
Effetti on-target non voluti dell’editing Un lavoro pubblicato su Nature Biotecnology (54: Kosicki et al., 2018) ha trovato importanti mutazioni non volute nel sito bersaglio dell’editing con CRISPR-Cas9, in esperimenti con cellule di topo e cellule umane. Le rotture introdotte nel DNA dal taglio di Cas9 spesso portano a delezioni e a riarrangiamenti della sua struttura estesi su molte migliaia di basi. Gli autori affermano: “Il danno genomico causato dall’editing con CRISPR-Cas9 osservato nelle cellule in mitosi può avere conseguenze patogene”.
In un altro importante lavoro pubblicato su Nature Methods (55: Smits et al., 2019) ricercatori del Laboratorio europeo di biologia molecolare e della GlaxoSmithKline – entrambi a Heidelberg, Germania – insieme a ricercatori dell’università di Stanford, California, hanno verificato se il gene bersaglio dell’editing con CRISPR-Cas9 viene davvero messo fuori uso (knock out genico) dalla manipolazione genetica, come in molti esperimenti di editing i ricercatori si prefiggono. In altre parole, si è valutato se davvero il gene bersaglio dell’editing cessa di produrre la sua solita proteina.
Lavorando su cellule umane coltivate, gli autori hanno trovato che in circa un terzo dei siti bersaglio editati con CRISPR-Cas9 la produzione e l’attività della rispettiva proteina si manteneva a livelli praticamente normali. Spesso il taglio prodotto da Cas9 aveva dato origine a sequenze mutate, che portavano alla sintesi di proteine anomale, i cui effetti a breve e a lungo termine restano ignoti. Come sottolineano gli autori: “manca finora una ricerca sistematica dell’efficienza con cui viene eliminata la proteina [derivante dal gene editato]”.
Anche se questi due lavori sono stati condotti su cellule animali, i risultati, del tutto inattesi, sono di speciale importanza anche per l’editing delle piante. Alla luce del fatto che, come emerge dal lavoro citato in precedenza (53), ben l’87% degli studi di editing delle piante ha come scopo il knock out di un particolare gene, è essenziale che anche gli esperimenti di editing dei genomi vegetali verifichino l’eventuale funzionalità residua della proteina bersaglio. Tale verifica finora non è MAI stata fatta.
I vitelli nati senza corna, perché discendenti da un bovino modificato con l’editing genetico, hanno integrato nel loro DNA l’interò vettore usato nelle procedure di editing. Il vettore è di origine batterica e contiene anche geni batterici per la resistenza agli antibiotici, quindi il suo inserimento nel DNA dei vitelli fa di questi animali degli organismi transgenici, ovvero degli OGM secondo la definizione standard.
Dopo questa inattesa scoperta, la Food and Drug Administration americana ha deciso che gli animali prodotti con l’editing devono essere regolamentati come farmaci e sottoposti a severi controlli.
La risoluzione della FDA è stata fortemente criticata dal Dipartimento dell’Agricoltura americano (USDA), cui spetta la decisione sui prodotti dell’editing applicato alle piante. Da sempre l’USDA è per la deregulation di questi prodotti, quindi per la libera immissione in commercio senza particolari controlli né etichettatura né monitoraggio.
Inserimenti non voluti di DNA estraneo Nati senza corna dopo che nel 2013 un loro progenitore era stato editato con TALEN, questi vitelli sono stati propagandati come la dimostrazione vivente dei prodigi dell’editing. Ma nel 2019 la FDA (Food and Drug Administration) esaminando (56: Norris et al., 2020) il DNA di questi vitelli con analisi più approfondite di quelle standard, ha trovato che nel loro DNA, oltre alla versione editata del gene per l’assenza di corna, c’era anche il DNA dell’intero vettore (un plasmide batterico) usato per l’editing, vettore che oltretutto si era trasmesso dal bovino inizialmente editato a tutta la sua discendenza. Essendo il plasmide composto da DNA di varie specie batteriche, compresi anche geni per la resistenza ad antibiotici (di cui sarebbe bene limitare la possibile diffusione), questi vitelli ricadono palesemente nella definizione classica di OGM.
Sulla base di questi risultati la FDA, che negli USA autorizza i nuovi farmaci e alimenti, ha deciso a febbraio del 2020 che gli animali editati, e i loro prodotti, devono essere sottoposti ad approfondite analisi pre-mercato e saranno quindi soggetti alla stessa regolamentazione dei nuovi farmaci. Questa decisione ha scatenato numerose polemiche, soprattutto da parte del Dipartimento dell’Agricoltura (USDA), per il quale gli organismi vegetali editati e i loro prodotti non devono essere sottoposti ad alcuna particolare regolamentazione.
In un articolo pubblicato da Nature (57: Banakar et al., 2019), si riportano i risultati di un esperimento di editing di un gene del riso, applicando il sistema CRISPR-Cas9 con tre diverse metodiche. Tutte e tre le metodiche comportano la costruzione di numerosi, complicati vettori, a partire da plasmidi batterici. Alcuni di questi vettori contengono geni batterici di resistenza ad antibiotici o a erbicidi, usati per la selezione delle cellule modificate. Anche se la struttura portante è di origine batterica, ogni vettore è un mosaico di elementi genetici da diverse specie, non solo batteriche.
Gli autori hanno trovato nei siti bersaglio di Cas9 inserimenti inattesi di DNA dei vettori batterici e di DNA cromosomico del riso frammentato e riarrangiato.
Gli autori più volte sottolineano l’insufficienza dei metodi di routine per identificare sull’intero genoma delle piante tutte le mutazioni non volute, compresi i frammenti di DNA estraneo. Inoltre, essi enfatizzano il fatto che “la letteratura specializzata spesso non riporta la presenza di questi inserti non voluti, o non fornisce dati dettagliati”.
Nbt DNA-free, cioè senza impiego di vettori
Consapevoli del fatto che le nbt comportano un elevato rischio di integrazione del vettore nel DNA dell’organismo editato (con conseguente alto rischio di violare le regolamentazioni europee sugli OGM), molti ricercatori che lavorano sulle piante si stanno sempre più spesso rivolgendo a un metodo di editing genetico detto DNA-free, in quanto non prevede l’utilizzo di vettori. Le componenti del sistema CRISPR-Cas9 sono sintetizzate e pre-assemblate in vitro e vengono poi veicolate già pronte, in forma di ribonucleoproteine (RNP), dentro protoplasti di cellule vegetali, per mezzo di nanoparticelle o tramite l’infusione in una soluzione di glicole polietilenico (PEG).
In un’ampia rassegna, che si propone di esaminare i metodi per la valutazione del rischio alla luce delle nuove tecniche di editing (58: Agapito-Tenfen et al., 2018), gli autori riscontrano che il non utilizzo di vettori, se da un lato elimina il problema dell’integrazione di DNA estraneo, non elimina però quello della formazione di mutazioni non volute on- e off-target. Quindi neppure questa metodica consente di escludere l’imprevista produzione di tossine, anti-nutrienti e allergeni, che costituiscono un rischio per l’ambiente e la salute umana o animale.
Tali effetti spesso non sono prevedibili neppure con l’applicazione di speciali algoritmi, dato che il funzionamento del sistema CRISPR-Cas9 non è ancora del tutto compreso (59: Zischewski et al., 2017). L’azione del sistema di editing, in particolare il taglio dei due filamenti del DNA operato dalla proteina Cas9, si rivela dipendente da molti e variabili fattori oltre a quelli previsti, per esempio si rivelano importanti le sequenze vicine al bersaglio, la composizione dell’RNA guida, l’epigenetica e la struttura della cromatina nel bersaglio (60: Jamal et al., 2016; 61: Tycko et al., 2016).
Recentemente è emerso che la composizione della sequenza nel bersaglio influenza anche la modalità, più o meno precisa, con cui viene riparato nel DNA il doppio taglio prodotto da Cas9 (62: Vu et al., 2017). In altre parole, anche la sequenza nel bersaglio determinerà la dimensione delle delezioni e delle inserzioni nel sito di taglio, ovvero l’estensione delle mutazioni.
Ma anche altri tipi di mutazioni, non individuabili con i metodi di routine, possono essere indotti dall’editing mediante CRISPR-Cas9. In un esperimento condotto su cellule staminali umane pluripotenti (63: Ihry et al., 2018), applicando il metodo senza vettori, i ricercatori hanno trovato che le rotture a doppio filamento indotte da Cas9 si erano rivelate tossiche, e avevano provocato la morte della maggior parte delle cellule. Tale risposta è stata messa in relazione con P53, una proteina controllata da un gene oncosoppressore. Per la sua funzione fondamentale, questa proteina è detta “la guardiana del genoma”, poiché protegge il DNA dalle mutazioni. Sebbene sia stato ottenuto su cellule umane, questo risultato è molto significativo anche per le altre specie, vegetali comprese, in quanto suggerisce che l’azione del sistema CRISPR-Cas9 possa influenzare geni coinvolti con la riparazione del DNA e con l’arresto del ciclo cellulare.
Il riso è la pianta più utilizzata al mondo negli esperimenti di editing genetico.
In un recente lavoro del gruppo di Sarah Agapito-Tenfen (64: Ribeiro Arnt Sant’Ana et al., 2020), in cui gli autori descrivono la messa a punto del primo protocollo per editare il mais con CRISPR-Cas9 metodo DNA-free, essi concludono, confermando quanto riportato nel già citato lavoro di Vu (62): “Sebbene la nostra piattaforma non utilizzi DNA esogeno evitando così un potenziale rischio di integrazione, non si può escludere che micromologie [del DNA del mais] con sequenze del gRNA producano tagli spuri o grandi riarrangiamenti genomici”.
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Da questa breve rassegna dei dati scientifici oggi disponibili riguardo alla precisione e ai potenziali rischi collegati alle nuove tecnologie di modifica del DNA (nbt), alcune conclusioni risultano evidenti:
- vi è ancora una sostanziale ignoranza dei meccanismi d’azione delle componenti del sistema CRISPR-Cas9, in particolare dell’azione di taglio della proteina Cas9. Perciò anche i cosiddetti metodi DNA-free non riparano dalla possibilità di riarrangiamenti e mutazioni del DNA con effetti imprevedibili;
- vi è un insufficiente capacità di controllare gli effetti non voluti;
- vi sono ancora molti limiti nei metodi per individuare gli effetti non voluti generati dall’editing;
- vi è la possibilità che si formino proteine non previste e sconosciute, con potenziali effetti tossici o allergenici.
QUINDI: la tecnica è ancora in una fase sperimentale ed è più che giustificato, dal punto di vista scientifico, attenersi al principio di precauzione nei riguardi delle sue possibili applicazioni pratiche o addirittura commerciali. E’ necessario che i prodotti di queste tecniche siano sottoposti ad attente indagini e specifiche valutazioni prima, durante e dopo la modificazione genetica.
Quindi ha solide basi scientifiche il giudizio espresso il 25 luglio 2018 dalla Corte europea di giustizia (65: sentenza Corte europea di giustizia, 2018), la quale ha sentenziato che anche gli organismi ottenuti con le nuove tecniche di editing genomico debbano essere considerati geneticamente modificati (OGM). In quanto tali, i nuovi organismi sono regolati dalla direttiva europea 2001/18/CE che stabilisce di autorizzare un OGM solo dopo un’approfondita valutazione dei rischi per l’ambiente e per la salute umana, e ne rende obbligatori la tracciabilità, l’etichettatura e il monitoraggio.
La sentenza della Corte europea giustamente sposta l’attenzione dalla definizione classica di OGM e dai prodotti finali ai processi di modificazione con cui questi prodotti sono ottenuti. Tali modifiche genetiche sono infatti mediate da complicate procedure di laboratorio, niente affatto “naturali” come le si pretende. Data la grande ignoranza che ancora circonda in specifico queste tecniche, e in generale il funzionamento complesso del DNA e della cellula, intesa come unità integrata, queste tecniche sono ampiamente esposte al rischio di effetti imprevedibili e nocivi per l’ambiente e la salute umana. I loro prodotti necessitano quindi di una stretta sorveglianza prima di essere eventualmente autorizzati alla commercializzazione.
La migliore risposta alla crisi climatica e al declino delle specie animali e vegetali sta nel favorire la biodiversità agricola e naturale, come si dirà nel prossimo articolo Perché modificare il DNA non può essere la soluzione.