CONSUMATORI ….
di Daniela Conti
Questo articolo compare nel Dossier “Greta, i giovani, il futuro” nel numero di luglio-agosto 2019 della rivista Biolcalenda
Gli studiosi hanno coniato il termine Antropocene – l’Era dell’uomo – per indicare l’epoca attuale, in cui un’unica specie – noi esseri umani – ha per la prima volta nella storia della Terra il potere di modificare tutti gli habitat e gli ecosistemi, e con le nostre azioni stiamo effettivamente alterando la fragile rete della vita da cui dipende la sopravvivenza di tutti gli abitanti della Terra, noi compresi.
Il “declino senza precedenti della Natura” nel documento dell’IPBES
Una terribile fotografia dello stato di salute del pianeta è stata diffusa ai primi di maggio 2019 da un rapporto scientifico, rilasciato dall’IPBES e intitolato “Pericoloso declino ‘senza precedenti’ della Natura: Il tasso di estinzione delle specie ‘sta accelerando’”.[1]
L’IPBES e il suo rapporto
Spesso chiamato l’IPCC per la biodiversità, l’IPBES è un organismo indipendente che collabora con l’ONU; vi aderiscono oltre 130 paesi. E’ stato istituito nel 2012 per fornire ai governanti valutazioni scientifiche sullo stato della biodiversità, sul grado di sfruttamento degli ecosistemi e sulla loro capacità di continuare a sostenere la vita sul pianeta. Il rapporto, compilato da 145 esperti di 50 paesi con il contributo di centinaia di scienziati, valuta i cambiamenti sopravvenuti negli ultimi 50 anni, cioè a partire dagli anni Settanta. Sono stati presi in esame più di 15 000 studi scientifici e rapporti istituzionali, e per la prima volta un documento ufficiale dà spazio anche alla voce delle comunità indigene che vivono nelle ultime zone della Terra ancora integre, ma sempre più minacciate dall’avanzata di uno “sviluppo” devastante.
Fotografia della biodiversità del pianeta: milioni di specie a rischio di estinzione
Il pianeta sta soffrendo sotto la pressione di una popolazione umana sempre più numerosa (negli anni Settanta eravamo circa 3 miliardi e mezzo, oggi siamo 7,7 miliardi), ma soprattutto per l’aumento ancor più vertiginoso del consumo di risorse, a livello generale e procapite, intensificato dalle innovazioni tecnologiche.
Il documento fornisce una serie di dati agghiaccianti.
Tre quarti dell’ambiente terrestre e circa il 66% dell’ambiente marino sono già stati significativamente alterati dalle azioni umane. Oltre un terzo della superficie terrestre e quasi il 75% delle risorse ìdriche sono oggi destinati alla produzione di colture o di bestiame per il consumo umano. Dal 1970 il valore della produzione agricola è all’incirca quadruplicato (a fronte del raddoppio della popolazione mondiale – eppure disuguaglianze nell’accesso e fame non sono affatto scomparse). Il tasso di abbattimento delle foreste è raddoppiato. Circa 60 miliardi di tonnellate di risorse vengono estratti ogni anno dalla terra, il doppio che nel 1980. Il degrado del suolo ha ormai ridotto la produttività in un quarto delle terre coltivate a livello mondiale. L’inquinamento da plastica è più che decuplicato dagli anni Ottanta. Ogni anno gli impianti industriali versano nelle acque dolci e marine 300-400 milioni di tonnellate di metalli pesanti, solventi e fanghi tossici. I fertilizzanti usati in agricoltura distruggono gli ecosistemi marini e hanno già causato 400 zone morte lungo le coste di tutti gli oceani. La superficie coperta da città è più che raddoppiata dagli anni Ottanta.
[1] Sigla per Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services.
Tutta la biodiversità sta diminuendo a una velocità che non ha precedenti nella storia umana.
Il 40% delle specie di anfibi, più di un terzo delle barriere coralline e più di un terzo dei mammiferi marini (p.e. balene, delfini, foche e trichechi) sono a rischio di estinguersi nei prossimi anni. Lo stesso vale per un’elevata percentuale di insetti, in particolare gli impollinatori. Nel complesso si stima che oltre un milione di specie animali e vegetali siano minacciate di estinzione e a rischio di scomparire nel prossimo futuro.
E’ necessaria una profonda trasformazione del nostro modello economico e socioculturale
Si resta senza fiato davanti all’enormità di queste cifre. Fino a quando continueremo a essere come accecati da un modello culturale che ci vuole tutti “consumatori” di merci sempre nuove (e spesso inutili)? Ciò che stiamo consumando, letteralmente, è il nostro pianeta, l’unico che abbiamo. L’IPBES ha analizzato vari scenari per capire se abbiamo ancora speranze di invertire la china. E – guarda caso – ha individuato l’unica possibilità nel “cambiamento trasformativo”, che implica radicali trasformazioni dell’economia, dell’organizzazione sociale e dei modelli culturali. Queste sono le priorità che oggi dovrebbero essere al centro delle nostre preoccupazioni. Ed è quello che un’intera generazione ha cominciato a chiedere, consapevole degli effetti devastanti dei cambiamenti climatici conseguenti a un modello di vita alienato e stupidamente distruttivo. ORA più che mai è il momento di lavorare a questo cambiamento, tutti insieme.
Per ulteriori informazioni su IPBES e le sue valutazioni vedere www.ipbes.net
[1] IPBES : sigla per Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services.