OLTRE IL COVID
di Daniela Conti
Questo articolo appare nel numero di gennaio 2022 del Biolcalenda, il mensile dell’associazione La Biolca, che porta un inserto dedicato all’analisi di questi due anni di pandemia. Vorrei qui rivolgere un ultimo saluto a Silvano Parisen, presidente della Biolca e caro amico, che ha stimolato questa serie di contributi sulla pandemia. Grazie Silvano, per il tuo impegno di tutta una vita nel diffondere e nel praticare i valori di un mondo nuovo. Non ti dimenticheremo e, con tutte le nostre forze, continueremo sul tuo stesso cammino.
Due anni di pandemia
Stiamo per entrare nel terzo anno di pandemia. Credo sia utile, come coraggiosamente propone La Biolca, avviare un confronto su quanto è successo in questi due anni. E magari trovare un filo comune per uscire insieme dal labirinto.
La babele degli inizi
A marzo 2020, nella babele di voci contrastanti era quasi impossibile orientarsi. Poi i racconti di quanto accadeva nei nostri ospedali e tra i popoli indigeni, soprattutto in Amazzonia, hanno dato il senso della realtà e portato ad accettare il lockdown come unica misura disponibile per cercare di arginare la diffusione di un virus sconosciuto al nostro sistema immunitario.
Il vero colpevole della pandemia si è rivelato il nostro modello di ‘civiltà’. La nostra società ipertecnologica e iperconsumistica sta depredando e devastando il pianeta in nome del profitto, espressione materiale di una fame insaziabile di dominio. Se nulla cambierà, questa pandemia sarà solo la prima di tante (v. in questo blog L’origine di questa pandemia. E delle prossime).

La fine del lockdown
Alla fine del lockdown sembrava finalmente maturata una consapevolezza generale di noi come specie tra le specie, tutte partecipi con pari importanza della rete della vita. Ma, con la ripresa delle attività economiche, il dono meraviglioso di questa consapevolezza nuova si è squagliato come neve al sole. La macchina ha ripreso a girare a super1000 in una direzione tutt’altro che ecologica, accelerando tutti i processi di devastazione, anche sociale. Non si riesce neppure a mettersi d’accordo per arrestare il riscaldamento globale.
Sul piano sanitario, la scelta dei paesi ricchi (gli altri non se la possono permettere, dati i brevetti che non si vogliono toccare) è stata la vaccinazione di massa come unico strumento per far fronte al virus. La vaccinazione è certo una risposta adeguata a un virus pandemico, NON intendo metterne in discussione l’opportunità. Piuttosto, contesto la scelta della vaccinazione come unica strategia per contrastare la pandemia e, inoltre, l’offerta di un unico tipo di vaccino.

Limiti della vaccinazione come unica strategia anti-pandemica
In linea con le scelte ipertecnologiche in atto, alle popolazioni del mondo occidentale è stata offerta un’unica tipologia di vaccini, basata su acidi nucleici modificati. Poiché questo articolo deve rispettare dei limiti di spazio, rimando a un prossimo lavoro l’entrare nel merito tecnico di questi prodotti, il portare dati sulla sicurezza e sulla durata dell’immunità da essi procurata, e il parlare dei loro innegabili effetti sul ridurre la mortalità. Quello che mi preme qui sottolineare è che per la prima volta sono stati usati a livello di massa prodotti dell’ingegneria genetica, sulle cui applicazioni cliniche anche il mondo scientifico dibatte vivacemente da anni e con frequenti richiami alla cautela e al principio di precauzione. Ovvio che, essendo stati approntati in pochi mesi e in regime di emergenza, non se ne possano conoscere gli effetti sul medio/lungo periodo. Ma ai comprensibili dubbi ed esitazioni di milioni di persone si è risposto unicamente con l’invito alla fiducia nella ‘scienza’, come se la sua neutralità fosse scontata e non fossero noti gli innumerevoli conflitti d’interesse. L’altra leva di ‘persuasione’ è stato il ricorso a un mezzo discriminatorio come il green pass, di cui parlerò fra poco.

Tutti i richiami alla cautela sono più che mai necessari adesso che si sta avviando una campagna vaccinale sui bambini. Molte voci autorevoli di scienziati e decine di medici si sono levate per dire che non ci sono dati sufficienti per affermare che nei bambini questi vaccini siano sicuri. E non dimentichiamo che il Covid-19 causa complicanze gravi nei bambini solo in rarissimi casi. Sappiamo a che cosa stiamo esponendo le generazioni da cui dipende il futuro?
Vaccini come quelli cinesi, o come il Covavax autoprodotto dall’India, tutti basati sui vecchi metodi a virus uccisi, non sono mai stati prodotti né approvati in occidente. Si è detto che produrli è complicato (e allora l’India?), che sono poco efficaci, e da alcuni sono stati snobbati come “l’usato sicuro” (cosa affatto disprezzabile in una pandemia). Penso che molti dei non vaccinati avrebbero potuto accettare l’offerta di un “usato sicuro”. La piccola Cuba sta per varare un vaccino autoprodotto, Soberana, basato sulle proteine e su metodi che un’esperienza ventennale ha dimostrato sicuri anche per l’uso pediatrico. Chissà se vedremo mai qui da noi il vaccino cubano o quello indiano, o se faranno la fine di quelli cinesi?
Affiancare altre strategie a quella vaccinale
Cuba è interessante anche per considerare altre strategie da affiancare alla vaccinazione di massa. Esaminare i casi di successo in giro per il mondo è un esercizio interessante che, sempre per ragioni di spazio, rinvio a un futuro articolo. In estrema sintesi, Cuba e lo stato indiano del Kerala hanno contenuto gli effetti del Covid e il numero di morti grazie all’articolazione territoriale del loro sistema sanitario, con interventi domiciliari, sostegno alle fasce più povere e fragili della popolazione, tracciamento immediato, prevenzione e cure precoci. La prevenzione e le cure domiciliari precoci sono fondamentali per il controllo della pandemia e per alleggerire la pressione sulle strutture ospedaliere, ma qui da noi fino ad oggi sono state di fatto ostacolate. Perché?

Il green pass non ha giustificazione scientifica né sanitaria

L’ID del futuro è una carta elettronica contenente tutti i dati personali, compresi quelli sanitari e bancari. E se l’avere una malattia cronica limitasse, poniamo, la possibilità di stipulare un’assicurazione o di accendere un mutuo per la casa? Il QR code del green pass, con le sue limitazioni incrociate, ne è la prima grande sperimentazione di massa.
Altro punto nevralgico delle misure messe in campo è il green pass – e il super green pass a partire dal 6 dicembre – giustificato come strumento per contenere il contagio e garantire la sicurezza. L’assunto di base è che le persone non vaccinate siano contagiose, mentre quelle vaccinate no. Ma l’esperienza dei paesi più vaccinati al mondo, come Israele, Irlanda e Gibilterra per citare solo pochi casi, e numerosi studi scientifici dimostrano che il vaccino non ferma il contagio. Anzi, come risulta da vari studi, per almeno una settimana dall’infezione la carica virale è la stessa in vaccinati e non. Il green pass si rivela un puro strumento di coercizione, per costringere le persone a vaccinarsi per poter lavorare e avere una vita normale. Oltre a essere una misura ingiustificata dal punto di vista sanitario, come denunciano molti scienziati silla base di solidi lavori scientifici (v. gli studi citati da The Lancet), è anticostituzionale e socialmente dannoso (si veda ad esempio la recente presa di posizione di Amnesty International Italia). Sull’onda di assunti falsi, si introducono fra le persone divisioni che spaccano la società e arrivano a lacerare persino le famiglie. Non è così che potremo uscirne.
Come ne usciamo?
In conclusione, la scelta del vaccino come unica risposta alla pandemia è un modo assolutamente sbagliato, limitato e insufficiente di affrontare il problema. Così non ne usciamo di certo, e quello che sta succedendo in queste ore lo dimostra. La falsa propaganda della “pandemia dei non vaccinati” è crollata sotto l’evidenza della variante omicron, scoperta in Botswana in persone vaccinate e portata in Italia da un vaccinato in doppia dose. Poiché il vaccino non ferma il contagio, potremo uscire dalla pandemia solo mettendo in campo tutte le strategie sopra ricordate e ricostruendo la fiducia e la solidarietà sociale.
Se una cosa emerge chiara da quanto è accaduto nel mondo in questi due anni è che dare la prevalenza all’economia è perdente, perché aggrava l’impatto della malattia virale e favorisce il possibile arrivo di altre pandemie. La ricetta implica rafforzare la sanità pubblica, i presidi territoriali sia per tracciare e isolare subito i nuovi casi sia per fornire le cure domiciliari precoci; occorre aumentare il numero e la formazione del personale sanitario, sviluppare la medicina preventiva e, sopra tutto, occorre ri-vedere la salute in una prospettiva olistica, ove la persona è un unicum col suo ambiente. Ritorniamo allora ad affrontare insieme, vaccinati e non, i problemi dei nostri inquinatissimi territori, perché da lì vengono i principali rischi patogeni. Ciò significa rivoluzionare l’agricoltura, i trasporti, l’industria, i servizi ecc.. Quello che c’è da fare lo sappiamo da un pezzo. Il filo comune per uscire tutti insieme da questo modello pandemico di società sta proprio nel ripartire da qui. O vogliamo aspettare il PNRR di un futuribile futuro?

Smart cities, agricoltura digitale di precisione, ID digitale, riconoscimento facciale, uso dei dati biometrici, costante sorveglianza. Questo il futuro di ipercontrollo alla cinese verso cui ci stanno spingendo, a vantaggio di pochi e con la perdita di libertà e diritti elementari di moltissimi. Un futuro che neppure il pianeta si può permettere.