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CHE COSA CI INSEGNA LA PANDEMIA

di Daniela Conti

 

 

Mariangela GualtieriDa: Nove marzo duemilaventi

di Mariangela Gualtieri

 Ci dovevamo fermare
e non ci riuscivamo.
Andava fatto insieme.
Rallentare la corsa.
Ma non ci riuscivamo.
Non c’era sforzo umano

che ci potesse bloccare.

….

Adesso siamo a casa.

Guardare di più il cielo,
tingere d’ocra un morto. Fare per la prima volta
il pane. Guardare bene una faccia. Cantare
piano piano perché un bambino dorma. Per la prima volta
stringere con la mano un’altra mano
sentire forte l’intesa. Che siamo insieme.
Un organismo solo. Tutta la specie
la portiamo in noi. Dentro noi la salviamo.

A quella stretta
di un palmo col palmo di qualcuno
a quel semplice atto che ci è interdetto ora –
noi torneremo con una comprensione dilatata.
Saremo qui, più attenti credo. Più delicata
la nostra mano starà dentro il fare della vita.
Adesso lo sappiamo quanto è triste
stare lontani un metro

 

La corsa

Questa volta la crisi ha toccato ognuno. Questa volta nessuno ha potuto chiamarsi fuori. Ogni singolo si è sentito colpito, minacciato. In tanti ci siamo chiesti che cosa ci è più importante per vivere. E se abbia senso rinunciare a quei valori fondamentali per inseguire “beni” materiali, in una rincorsa continua che non può – non deve – avere fine. Credo però che nessuno si faccia illusioni su quanto sarà dura abbandonare il miope principio, che informa tutte le nostre società, della crescita economica senza limiti e senza riguardi per nessuna forma di vita. Ma che a nessuno sfugga, anche, quanto sia urgente cambiare rotta e voltare le spalle a questo girare vorticoso e autolesionista del motore di un egoistico profitto.

 

Mancava la pandemia…

Mancava la pandemia al repertorio delle crisi che da decenni si abbattono su di noi, sempre più gravi e sempre più frequenti. Tralasciando il periodico ritorno di crisi economiche, dagli anni ’70 in poi abbiamo visto il succedersi di “primavere silenziose”, il degradarsi sempre più grave di acqua, aria, suolo, cibo. Abbiamo assistito al diffondersi pandemico di malattie neurodegenerative e cancro, al dilagare di malattie croniche anche nei bambini (il 43% dei bambini americani è affetto da 1 a 20 patologie croniche, secondo i dati raccolti nel 2007 dal National Survey of Children’s Health qui ). Vediamo di anno in anno i ghiacciai e le calotte polari sciogliersi progressivamente in mare, e uragani sempre più frequenti e spaventosi alternarsi a siccità prolungate e incendi che spazzano via le ultime foreste, quelle che ancora non abbiamo distrutto per trasformare migliaia di ettari di irrecuperabile foresta originaria in monocolture di palma da olio. O di soia, che poi diamo da mangiare a oltre 70 miliardi di animali, allevati in pessime condizioni e imbottiti di antibiotici per arrivare sulle tavole degli oltre 7 miliardi e mezzo di umani. Per non parlare dello sfruttamento avido, devastante, di ogni risorsa minerale, vegetale, animale, e umana. Eppure come tanti lemming abbiamo continuato in massa a correre, forse pensando “Io speriamo che me la cavo”, increduli del fatto che la corsa finisce nel burrone. Mancava la pandemia, è un’esperienza nuova. E – altra grandissima novità – la stiamo vivendo tutti noi umani insieme, nello stesso momento in tutto il mondo. Ma non si può certo dire che ci sia piombata fra capo e collo all’improvviso.

 

                                                                                   bat rettangolare

 

L’origine è uno ‘spillover’…

No, la pandemia non è arrivata inaspettata, anzi era prevista e attesa da anni. Dopo che nel 1918-19 la grande pandemia di influenza spagnola uccise forse 50 milioni di persone in tutto il mondo, altre epidemie, per fortuna meno letali, hanno colpito in questi cent’anni porzioni estese della popolazione umana. Ma negli ultimi decenni del secolo scorso e poi agli inizi di questo, l’emergere di nuove epidemie ha iniziato a farsi più frequente finché, nei 2003, si è diffusa soprattutto in Oriente la SARS, ovvero sindrome acuta respiratoria grave, una malattia da coronavirus altamente letale; allora schivammo per un pelo una pandemia globale simile a quella che viviamo oggi.

Non avevo mai approfondito, pur essendo biologa, lo sterminato campo dei virus. L’arrivo di Covid-19 mi ha spinta a informarmi, cercare articoli scientifici, ma più illuminante di tutto è stato leggere Spillover – L’evoluzione delle pandemie (edito in italiano da Adelphi). Il libro è stato scritto nel 2012 da David Quammen, giornalista e divulgatore scientifico, due etichette del tutto insufficienti a delineare il personaggio. Quammen ha partecipato in prima persona a lunghe spedizioni attraverso le foreste del Congo e del Gabon, a fianco dei virologi in caccia dello sconosciuto serbatoio naturale dell’agente che causa Ebola. Ha strisciato dentro grotte nel sud della Cina insieme a una pattuglia di virologi d’assalto, per catturare pipistrelli e verificare se davvero erano il serbatoio del coronavirus della SARS. Sempre per chiarire il ruolo dei pipistrelli, ha accompagnato questi scienziati da romanzo nelle loro incursioni nei wet market cinesi, prelevando campioni di urine e feci dagli animali selvatici vivi venduti in questi mercati.

bel ritratto di David Quammen

David Quammen

Ha viaggiato per decenni in tutto il mondo, intervistando i maggiori studiosi che cercano sul campo e in laboratorio gli agenti delle nuove epidemie, raccogliendo da questi esperti pareri e previsioni sulle possibili pandemie future. Spillover è il resoconto affascinante, e preciso, di questa indagine da Indiana Jones dei virus.

Già nel 2012 Quammen prevedeva, perché lo prevedevano i maggiori virologi, che lo scoppio di una pandemia mondiale era prima o poi inevitabile, e che con ogni probabilità si sarebbe trattato di una zoonosi. “Si definisce zoonosi ogni infezione animale trasmissibile agli esseri umani. Ne esistono molte più di quanto si potrebbe pensare. L’AIDS ne è un esempio, le varie versioni dell’influenza pure” (Spillover, p. 13). La zoonosi ha inizio da uno spillover, un salto di specie: virus o batteri che da millenni convivono con certi animali selvatici senza recar loro danno perché si sono coevoluti, cioè reciprocamente adattati, col mutare delle condizioni ambientali passano in una nuova specie animale che poi li trasmette all’uomo, oppure entrano nell’uomo direttamente, provocando lo scoppio di epidemie.

“A colpi di sega e ascia, ci siamo fatti strada in Congo, in Amazzonia, nel Borneo, in Madagascar, in Nuova Guinea e nell’Australia nordorientale. Facciamo terra bruciata, in modo letterale e metaforico. Uccidiamo e mangiamo gli animali di questi ambienti. Ci installiamo al posto loro, fondiamo villaggi, campi di lavoro, città, industrie estrattive, metropoli” (Spillover, p. 450). E’ questo dilagare della nostra ‘civiltà’ a rendere gli spillover sempre più frequenti. Una potente immagine di Quammen: “Là dove si abbattono gli alberi e si uccide la fauna, i germi del posto si trovano a volare in giro come polvere che si alza dalle macerie” (Spillover, p. 40). E anche su di noi quella polvere si posa, germi – molto spesso virus – con cui mai abbiamo avuto contatto nella nostra storia di specie, e quindi non abbiamo difese. “Ebola, febbre emorragica del Nilo, Marburg, SARS, vaiolo delle scimmie, rabbia, Machupo, dengue, febbre gialla, Nipah, Hendra, Hantan (…), chikungunya, Junin, Borna, influenze e gli HIV (…): sono tutti virus – e la lista completa è assai più lunga” (Spillover, p. 23).

Deforestazione in Indobnesia

Là dove si abbattono gli alberi e si uccide la fauna, i germi del posto si trovano a volare in giro come polvere che si alza dalle macerie.(Spillover, p. 40).

Se poi pensiamo che magari costruiamo allevamenti superintensivi di maiali e polli ai margini di foreste (da vedere la puntata “IL virus è un boomerang”  di Indovina chi viene a cena di Sabrina Giannini), o che macelliamo gli animali selvatici vivi nei mercati di grandi città, e in più possiamo salendo su un aereo raggiungere altre grandi città in tutto il mondo in poche ore, ancor prima che si manifestino i primi sintomi, ecco che abbiamo il set perfetto per lo scoppio di una pandemia. Esattamente il mondo in cui viviamo.

 

… Oppure l’origine è un laboratorio?

Questo il quadro generale noto già da decenni e che Spillover aveva divulgato fin dal 2012. Da allora tutti i fenomeni di degrado ambientale e sociale che favoriscono le pandemie non hanno fatto che aggravarsi. Neppure i giovani scesi a milioni nelle strade per reclamare quel cambiamento di rotta che solo ci può salvare, sono stati uno stimolo ad agire finalmente.

Ora la prevista pandemia è arrivata. Ma il fatto che la sua causa prima è nei guasti del liberismo sfrenato che da decenni sta stravolgendo i principi del benessere sociale e ambientale, è stato in parte offuscato dai sospetti e i dubbi su una possibile origine artificiale di questo virus, sospetti che hanno molto deviato l’attenzione da quello che invece dovrebbe essere il focus delle nostre riflessioni.

Ma vediamo ciò che si è detto sull’origine artificiale del virus. Nell’articolo pubblicato a marzo su Nature Medicine , intitolato “The proximal origin of SARS-CoV-2” (L’origine recente di Sars-CoV-2), scienziati autorevoli, tra cui Ian Lipkin, affermano che vi era stata l’esigenza di “rispondere a voci circolanti su una possibile origine artificiale del virus”. Dall’analisi delle sequenze essi concludono che il virus di Covid-19 “non è un costrutto di laboratorio, o un virus manipolato di proposito”.

Ian Lipkin

Lipkin è uno dei maggiori esperti mondiali di SARS e malattie infettive. Ai primi di gennaio era in Cina come consulente per controllare l’epidemia, ma neppure lui è sfuggito al coronavirus. Tornato negli Usa è stato trovato positivo alla fine di marzo, fortunatamente senza sintomi gravi.

La vicenda si è complicata con la diffusione sui social del video di un Tg Leonardo del 2015, in cui si diceva che scienziati cinesi avevano costruito in laboratorio a scopo di studio un virus chimerico della SARS potenziato. Come si ricava dall’articolo su Nature Medicine del 2015 che probabilmente fu all’origine del servizio, in realtà quella ricerca non era solo cinese ma si trattava di una collaborazione internazionale, con una netta prevalenza di scienziati e istituti americani. L’esperimento era del tipo “acquisizione-di-funzione” (gain-of-function), cioè la pericolosità di un patogeno viene aumentata allo scopo di mettersi “un passo avanti” rispetto alla potenziale evoluzione naturale del patogeno stesso, per provare a sviluppare farmaci o vaccini. Su questo genere di sperimentazione la comunità scientifica è divisa: molti scienziati sostengono la necessità di ricorrere a metodi meno rischiosi, altri ritengono questi esperimenti indispensabili. Riprenderò questo argomento nell’Episodio 3.

Tutto questo si riferiva, per quanto in effetti sappiamo, a ricerche pregresse, non al Covid-19 del presente. Poi in aprile è scoppiata la bomba Montagnier, premio Nobel, che ha dichiarato a una TV francese che il coronavirus dell’attuale pandemia è stato costruito in laboratorio e contiene brevi sequenze dell’HIV (il virus dell’AIDS). Montagnier è stato il primo a isolare l’HIV e ad analizzarlo, e per queste ricerche ha ricevuto il premio Nobel nel 2008 insieme a una scienziata del suo gruppo. Non nuovo a far scalpore con le sue dichiarazioni e considerato da anni uno scienziato “scomodo”, è stato subito sconfessato tramite alcuni studi e pesanti commenti dalla scienza ufficiale. (Non riprenderò qui le ricerche che hanno fatto di Luc Montagnier uno scienziato ‘eretico’; per averne un’idea, leggere in questo blog l’articolo “Le nuove frontiere della biologia ovvero le nuove eresie). Montagnier è di certo un grande esperto di HIV, tuttavia lui stesso ha dichiarato nell’intervista televisiva che altre interpretazioni di quelle sequenze sono in campo e che ipotesi diverse sono in discussione.

Il premio Nobel Luc Montagnier

Luc Montagnier, premio Nobel per la Medicina nel 2008.

Altro dato importante di cui tenere conto, il 28 novembre 2013 era apparso su Nature  l’articolo “Isolation and characterization of a bat SARS-like coronavirus that uses the ACE2 receptor” (Isolamento e caratterizzazione di un coronavirus SARS-simile di pipistrello, che utilizza il recettore ACE2). Anche questo lavoro era frutto di una collaborazione internazionale: scienziati cinesi del laboratorio di Wuhan avevano lavorato con ricercatori americani della EcoHealth Alliance, un’organizzazione no profit che si occupa a livello mondiale di studiare i possibili agenti di pandemie Tra gli autori compare il microbiologo Aleksei Chmura, uno dei ricercatori d’assalto con cui Quammen andava a caccia di pipistrelli nelle bat-caverne della Cina meridionale.

In quell’articolo del 2013 gli autori non solo portavano le prove che i pipistrelli sono effettivamente il serbatoio naturale del coronavirus che nel 2003 aveva causato la SARS, ma affermavano anche di avere trovato che certi ceppi virali dei pipistrelli erano in grado di infettare direttamente l’uomo, senza bisogno di passaggi intermedi in altri animali. Mediante test condotti su colture di cellule umane questi autori avevano provato la capacità di questi virus di legarsi ai recettori ACE2 presenti sulla superficie delle cellule umane. Quindi già da allora si sapeva che c’erano coronavirus di pipistrello in grado di fare il salto di specie nel caso di un evento di spillover.

Riassumendo, i dati scientifici ad oggi pubblicati dimostrano l’origine naturale del virus di Covid-19 (gran parte della sua sequenza è sovrapponibile a quella di un coronavirus di pipistrello) e depongono a favore di un possibile spillover avvenuto nel mercato di Wuhan, dove erano presenti tutte le condizioni che potevano consentire il salto di specie. L’ipotesi del virus modificato artificialmente porta con sé due conseguenze ad oggi non provate e pure congetture: un incidente con contaminazione del laboratorio di Wuhan e fuoriuscita del virus (cosa che i cinesi negano); oppure un complotto con disseminazione voluta del virus. Per quanto non provate, queste due ultime congetture sono oggi il terreno di scontro fra Cina e USA.

Ogni giorno la diatriba è alimentata da notizie nuove e contraddittorie. Non dubito che quello che scrivo oggi sarà già vecchio e superato domani, e non so se arriveremo mai alla verità vera. Quel che è certo è che su questo terreno si stanno sviluppando complessi giochi politici a livello internazionale. Assistiamo a una quotidiana escalation dell’amministrazione Trump nell’usare questa vicenda sia per la sua guerra commerciale contro la Cina, sia sul fronte interno, nel tentativo di coprire la sua fallimentare gestione di questa epidemia, in cui ha alternato negazionismo a irresponsabili suggerimenti a iniettarsi disinfettanti in vena. Nel tentativo di dipanare questa intricata matassa, il quadro politico è un ulteriore elemento di complicazione, che non può essere ignorato.

 


coronavirus

Coronavirus SARS-CoV-2

Le prossime pandemie

Ecco, qui termina l’Episodio 1 sull’origine della pandemia, la prima tappa del mio personale percorso nel periodo di quarantena, periodo in cui quasi ogni giorno mi sono sentita confondere da notizie e dichiarazioni di esperti spesso tra loro contrastanti. Di una cosa, però, mi sono profondamente convinta: cercare di trovare un “colpevole”, magari per mettere il cuore in pace e ricominciare tutto come prima, sarebbe un grave errore. Che l’origine prima del coronavirus di Covid-19 sia nei pipistrelli, non è messo in dubbio da nessuno. Scoprire se il virus è arrivato a noi direttamente tramite uno spillover, o se nel percorso è intervenuta la mano umana, può forse rispondere alle domande sull’origine di questa pandemia, ma non risolve il problema delle prossime.

Perché se torniamo alla nostra anormale “normalità”, che è il vero problema (“Non torniamo alla normalità, la normalità è il problema”, Il Manifesto ), altre pandemie verranno. Qualunque sia la sua fonte, questa pandemia è stata resa possibile – dall’origine fino alla sua rapida espansione – dal sistema in cui viviamo, che marcia sugli ingranaggi di una tecnologia sfrenata e sulla rapina illimitata di tutte le risorse, naturali e umane. Se non cambiamo questo, la prossima pandemia potrà venire da animali selvatici che vivono in ambienti da noi distrutti; o da un allevamento di maiali ai margini della foresta amazzonica devastata; o magari da microbi che riemergeranno in seguito allo scioglimento del permafrost nelle regioni polari, come è già accaduto in Siberia nel 2016 al riemergere dai ghiacci, dopo 50 anni, di una carcassa di renna piena di spore di antrace vive. O forse sarà un virus uscito da un laboratorio, o un ‘gene drive’ portatore di geni letali, disseminato nell’ambiente per eliminare l’insetto vettore di qualche pericolosa malattia infettiva ma sfuggito, il birichino, a qualunque controllo.

 

L’evidente sovrapponibilità fra “zone rosse” del contagio virale e zone di maggiore inquinamento da biossido di azoto (vedere le mappe del bacino del Mediterraneo nell’Episodio 2), dovrebbe farci desiderare di vivere in territori dove l’aria è pulita. Dovrebbe indurci a ripensare, da subito, dal 4 maggio, a come lavorare tutti insieme per rifondare l’energia, i trasporti, l’industria, il modo di coltivare la terra e di produrre il cibo, la sanità e la scuola. Forse abbiamo finalmente toccato con mano che i tempi innaturalmente accelerati del nostro mondo ipertecnologico confliggono con i tempi biologici, dal microcosmo dei virus ai processi vitali di tutti gli esseri viventi, compresi i nostri.

Aggiungo quest’ultimo pensiero, arrivatomi nel silenzio profondo di queste notti della pandemia:

 

PREGHIERA ALLA MADRE TERRA

Eccomi madre, ora sono al tuo capezzale. Troppo a lungo ti ho abbandonata, vecchia stremata e sola, povera madre mia. Ti ho inferto ogni genere di colpi e di dolori. E tu hai continuato sempre a sostenermi, non facendo mancare nulla a me e ai miei fratelli umani, né ai nostri figli. Sempre mi hai colmato di doni vivi, acque vivificanti, pietre preziose, canti, voli, colori. Ma non mi bastava mai. Ho esaurito le tue vene, prosciugato la tua forza creatrice, ti ho portato via ogni tua creatura per l’avido gusto di farne uso, o solo per farne un mio trastullo.

Ma oggi ti vedo, madre. E con gli altri fratelli umani siamo qui, pentiti, al tuo capezzale. Fino alla radice abbiamo prosciugato la tua magica fonte della vita; noi, pazzi arroganti, abbiamo creduto di esserne ormai padroni. E di esserci affrancati da te, di avere noi il potere di soggiogare i tuoi flussi creatori. Oggi tristemente vediamo che la tua malattia è la nostra. Che tu e noi e gli altri esseri tutti siamo ancora, come in origine, un corpo solo.

Che cosa possiamo fare adesso per rimediare ai mali del passato? Ora che siamo come i nostri medici, chiamati a salvare il respiro nel corpo stremato dei nostri vecchi. Da dove cominciare? Quali rimedi usare?

Ti vedo sporca madre, coperta di lordure per la mia incuria. Non sarò più così cieco, e negligente. Noi tutti, fratelli umani, insieme impareremo a restituirti le tue acque azzurre, a lasciare i tuoi polmoni – che sono i nostri – liberi da scorie. Finalmente impareremo che tutte le altre creature tue non sono qui per noi, ma le ameremo come il frutto della tua giocosità e arte infinita. Impareremo a rispettarle e a capire di che cosa loro hanno bisogno per vivere di te insieme a noi. Se non così, le perderemo tutte, e dal tuo ventre inaridito non ne verranno altre.

O madre nostra che ci dai il pane, ascolta il nostro pentimento, tardivo molto, ma sincero. Ti cureremo, madre, e il rifiorire insieme a te sarà anche per noi la cura.

L'abbraccio di Madre Terra

L’amoroso abbraccio dell’Universo di Frida Kahlo