editing genetico

UNO STUDIO SUI CANI RIAPRE IL PROBLEMA DEL POTENZIALE ONCOGENO DEI VETTORI VIRALI USATI NELLA TERAPIA GENICA

di Daniela Conti

 

Terapia genica e vettori AAV

I vettori AAV, oggi i più usati nella terapia genica, sono di nuovo al centro di sospetti sul loro possibile potenziale oncogeno. Gli Adeno-associated viruses (AAV) sono virus molto diffusi in natura e molto usati come vettori nella terapia genica (utilizzando la tag vettori è possibile leggere gli articoli del blog che trattano dei vettori usati in ingegneria genetica). La costruzione del vettore parte dal DNA del virus: alcuni geni vengono rimossi dal DNA virale e rimpiazzati con i geni che si desidera andare a sostituire nel DNA dell’ospite trattato. I nuovi geni da inserire, più tutte le sequenze di DNA necessarie per il loro funzionamento nella cellula e per le altre procedure ingegneristiche, prendono il nome di ‘cargo’.

In uno dei primi studi di terapia genica, un altro tipo di vettore virale aveva causato il cancro in alcuni bambini, per effetto dell’essersi inserito nei cromosomi dei piccoli pazienti. I vettori AAV sono sembrati un’alternativa più sicura data la loro tendenza a non integrarsi nel DNA della cellula, ma a costituire unità genetiche autonome entro il nucleo cellulare, dette episomi. Il vantaggio degli episomi sarebbe quindi quello di non provocare mutazioni indesiderate inserendosi nel DNA dell’ospite; lo svantaggio è che col tempo gli episomi possono andare perduti nel corso delle divisioni cellulari, dato che una sola delle due cellule figlie eredita l’episoma dalla cellula madre che si sta dividendo. In questo caso, insieme al vettore virale modificato vanno perduti anche i geni del suo ‘cargo’ e con essi i loro effetti terapeutici.

I risultati di un esperimento di terapia genica sui cani

Il 9 dicembre 2019 è stato presentato al Congresso annuale dell’American Society of Hematology tenutosi a Orlando, Florida, uno studio condotto su cani con emofilia. L’emofilia è una malattia genetica causata da un difetto nel gene per la produzione del fattore VIII, una proteina essenziale per la coagulazione del sangue. Da questo studio è risultato che gli animali nel cui DNA era stato inserito nove anni prima un gene per il fattore VIII, veicolato da vettori AAV, presentavano in molte posizioni genomiche frammenti del DNA del vettore, integrati nel DNA dell’ospite. Spesso i frammenti del ‘cargo’ si erano inseriti vicino a geni che controllano la crescita cellulare.

Nel trattamento dell’emofilia, i vettori AAV modificati in modo da trasportare geni per il fattore VIII vengono introdotti in cellule del fegato del paziente emofiliaco e l’organo può così produrre la proteina essenziale alla coagulazione, altrimenti mancante per via di un difetto genetico.

Al termine dell’esperimento sono stati analizzati i fegati di sei dei nove cani trattati, e si è trovato che  in OGNUNO di essi, il DNA dei vettori AAV – sia il gene per il fattore VIII sia, PIÙ SPESSO, frammenti di sequenze regolative – anziché formare un episoma si era integrato in molti punti del genoma delle cellule epatiche, a volte vicino a geni che influenzano la crescita cellulare. In alcuni cani alcune di quelle cellule si erano divise più in fretta delle altre, dando origine a  sacche di ‘cloni’ cellulari, suscettibili in seguito di dare

origine a tumori. Secondo alcuni ricercatori, tale rischio potrebbe coinvolgere non solo le cellule epatiche, ma anche altri tipi di cellule sottoposte a terapia genica mediante vettori AAV, come neuroni e cellule muscolari.

sangue con globuli rossi

globuli rossi del sangue

 

I vettori AAV comportano un rischio di cancro?

Dubbi sul possibile potenziale cancerogeno dei vettori AAV erano stati sollevati già una ventina di anni fa, quando uno studio rilevò che alte dosi del virus avevano causato cancro al fegato in topi appena nati, in seguito all’inserimento del vettore nel DNA dei topi. Alcuni scienziati avevano negato che pazienti umani potessero mostrare la stessa vulnerabilità. Ma lo studio odierno è relativo ad animali adulti e di grossa taglia. “I vettori AAV possono comportare un inaccettabile rischio di cancro?” è stata la domanda posta ai ricercatori partecipanti al Congresso di Orlando, e la risposta è stata: “Non ne sappiamo ancora abbastanza”.Questi risultati sono un ulteriore richiamo a procedere ‘con cautela sulla strada della modificazione genetica, degli esseri umani ma non solo. (Sui vari aspetti del cosiddetto miglioramento genetico umano’ vedi in questo blog Prove di selezione innaturale.) Come vedremo anche in prossimi articoli, gli effetti off-target, cioè fuori bersaglio, non voluti e imprevisti sono ancora un problema irrisolto anche per una tecnica promettente come l’editing genetico. Citando il grande Barry Commoner (in questo blog, Il mito del DNA):

“…non dobbiamo commettere l’errore di ridurre la vita a un’unica molecola dominante, pur di soddisfare il nostro bisogno emotivo di semplificazioni prive di ambiguità. I dati sperimentali, spogliati delle teorie dogmatiche, indicano che non si può costringere entro i limiti di spiegazioni riduttive la cellula vivente, la cui intrinseca complessità suggerisce che, data la vastità della nostra ignoranza, qualsiasi sistema genetico artificialmente alterato deve prima o poi dare origine a conseguenze non volute, potenzialmente disastrose. Dobbiamo riconoscere quanto poco sappiamo veramente dei segreti della cellula, l’unità fondamentale della vita.”

Il DNA non ha creato la vita, la vita ha creato il DNA.

 

Fonte: ScienceMag.org  6 gennaio 2020