Per proteggere la salute pubblica occorre regolamentare gli animali editati – così dichiara la Food and Drug Administration
di Daniela Conti
La presa di posizione della FDA
Steven Solomon, direttore del settore veterinario della Food and Drug Administration (FDA, l’agenzia governativa che negli USA ha il compito di regolamentare i nuovi prodotti alimentari e farmaceutici), ha preso pubblicamente posizione a favore di una stretta sorveglianza e regolamentazione degli animali modificati con le nuove tecniche di editing genetico e dei loro prodotti.
Questa importante presa di posizione è apparsa su Nature Biotechnology dello scorso 7 febbraio, insieme alla pubblicazione di una notevole ricerca condotta da un gruppo di scienziati della FDA. Utilizzando metodi di analisi del DNA diversi da quelli solitamente applicati, essi hanno scoperto nel DNA di due vitelli editati alterazioni finora sfuggite a ogni osservazione. (Questo studio era apparso in precedenza su BioRxiv, un sito di pre-print che pubblica lavori non ancora passati al vaglio di una peer-review; qui l’articolo compare ancora ed è scaricabile liberamente.)
L’editing genomico è davvero equivalente a una mutazione naturale?
Nati senza corna dopo che nel 2013 la Recombinetics, una startup del Minnesota, aveva editato con TALEN (vedi qui ) il DNA di un loro progenitore, questi vitelli venivano presentati come la prova vivente di quanto sostengono i fautori della deregulation. E cioè che le nuove tecniche di editing sono così precise che, al termine della manipolazione, il DNA editato non mostra alcuna traccia delle procedure di laboratorio. Perciò, in base all’assunto che il prodotto finale è indistinguibile da una mutazione naturale, la lobby della deregulation fa da sempre pressione su governi e decisori politici perché gli organismi ottenuti con le tecniche di editing genomico siano regolamentati in base “al prodotto finale e non al processo con cui li si ottiene”, ed abbiano quindi via libera al mercato senza ulteriori controlli sui possibili rischi né obbligo di etichettatura e tracciabilità. Questa è la linea scelta, fra gli altri, dal Dipartimento dell’Agricoltura americano (USDA).
Ma, come hanno trovato gli scienziati della FDA, il DNA di questi vitelli contiene, oltre alla voluta ‘correzione’ (editing) del gene per l’assenza di corna, anche altre alterazioni del DNA, una delle quali particolarmente inattesa e indesiderata: l’intero vettore usato per l’editing si è integrato nel DNA del bovino editato in origine, e da questo si è poi trasmesso per via ereditaria a tutta la sua discendenza.
I vettori usati in ingegneria genetica
I vettori sono costrutti artificiali necessari per le procedure di ingegneria del DNA. Si tratta di molecole di DNA circolari di origine batterica (dette plasmidi) oppure virale, usate per trasportare dentro la cellula da modificare la sequenza genica editata, e per inserire poi tale nuova sequenza nel DNA cellulare. Questi scambi di sequenze avvengono tramite complicati processi di ricombinazione (mediati dai vettori) fra molecole di DNA, processi che non sono né prevedibili fino in fondo né controllabili.
Tali costrutti artificiali sono in pratica mosaici di elementi genetici derivanti da molte e diverse specie, batteriche e non solo. Spesso – come nel caso dei vitelli senza corna – il vettore contiene geni batterici per la resistenza ad antibiotici, utilizzati per selezionare le cellule editate. Dato il rischio – comprovato (vedi ad esempio qui e qui ) – che questi geni passino alla flora intestinale bovina e poi a quella umana, con tutti gli effetti negativi che ne possono derivare, aumentare la diffusione di geni per la resistenza agli antibiotici non fa che aggravare un problema già riconosciuto come molto serio per la salute pubblica.
L’editing spesso dà origine a mutazioni non volute
Ma il colpo più grave inferto da questa scoperta alla propaganda a favore della deregulation degli organismi editati sta nell’aver fornito la prova inoppugnabile che le procedure stesse dell’editing (il cosiddetto ‘processo’) possono dare origine a mutazioni non volute. E – come nel caso di questi vitelli – gli errori possono essere perfino grossolani, al punto da creare OGM ‘di vecchia generazione’, visto che nel DNA bovino sono stati inseriti geni di altre specie (vedi qui).
Nel presentare la ricerca su Nature Biotechnology, il direttore della FDA afferma: “La nostra analisi ha dimostrato che negli animali l’editing genomico può avere conseguenze indesiderate e, in questo caso, ha causato l’integrazione di DNA estraneo [Nota: perché batterico[ nel genoma degli animali. Anche se l’esistenza di un’alterazione non intenzionale non significa necessariamente che l’editing non sia sicuro per gli animali o per i consumatori, tuttavia essa dimostra che sia gli scienziati sia i decisori politici devono tenere conto della possibilità che si verifichino alterazioni non volute”.
Un punto importante che la dichiarazione della FDA non affronta è che nei DNA delle piante gli effetti indesiderati dell’editing sono altrettanto probabili che negli animali. Molte ricerche recenti sulle piante (vedi qui) dimostrano che le mutazioni non volute create dall’editing sono alquanto frequenti, ma spesso non vengono riportate nelle pubblicazioni perché non rilevate causa i limiti metodologici nell’analisi del DNA, oppure perché sono passate sotto silenzio o, come accade nella stragrande maggioranza degli esperimenti di editing di piante (vedi qui), perché non vengono neppure cercate. Tutto ciò impone che anche nelle piante vengano controllati con studi approfonditi e di lungo periodo i possibili effetti allergenici o tossici delle mutazioni non volute generate dall’editing.
Organismi editati: OGM o non OGM?
Questi ed altri risultati scientifici recenti dimostrano che le motivazioni addotte per giustificare la deregulation dei prodotti dell’editing sono prive di una solida base scientifica. Mentre si dimostra pienamene giustificata la cautela fin qui tenuta dalla FDA per quanto riguarda gli animali modificati con l’editing e dall’Europa, che finora ha scelto di estendere a questi organismi la regolamentazione degli OGM ‘classici’, la quale prevede controlli sull’impatto ambientale e la salute umana prima di autorizzare la loro immissione sul mercato.
La presa di posizione della FDA è una tappa importante, ma non mette certo fine alla diatriba ‘prodotto finale contro processo’ o, in termini meno propagandistici, ‘regolamentazione come organismi artificiali che richiedono controlli specifici, etichettatura e tracciabilità, contro deregulation e immediato libero accesso al mercato’.
Le scelte riguardanti la salute pubblica devono basarsi su risultati scientifici corretti e indipendenti
Un assaggio dello scontro che probabilmente va ad aprirsi tra la FDA e la lobby della deregulation – guidata da Bayer/Monsanto e dal Dipartimento dell’Agricoltura americano – ce lo può dare l’editoriale di Nature Biotechnology. Infatti, nello stesso numero della rivista in cui sono pubblicate la ricerca della FDA e la dichiarazione pro-regulation del suo dirigente, compare un editoriale dai toni un po’ sinistri. L’editoriale attacca il progetto della FDA di rendere obbligatori i controlli pre-mercato degli animali editati, e afferma che la FDA “dovrebbe rivedere la propria posizione” incentrata sul processo. L’editoriale prosegue esprimendo incomprensione per la cautela della FDA e lamentando, oltre alla presunta forza della “litigiosa lobby anti-OGM/pro-biologico”, l’altrettanto presunta debolezza della lobby che sostiene gli “animali geneticamente modificati (editati compresi)”.
Andando contro il giudizio positivo circa il valore della ricerca espresso dai suoi stessi referee, Nature Biotechnology di fatto nega col suo editoriale ciò che questa ricerca dimostra senza ombra di dubbio, e cioè che le tecniche di editing non sono precise e che i loro prodotti devono essere sottoposti a una valutazione approfondita prima di essere messi in commercio.
La più che mai necessaria transizione a un’agricoltura ecologicamente compatibile richiede scelte fondate su conoscenze scientifiche vere e sul senso di responsabilità nei confronti della salute pubblica, due principi che oggi la FDA mostra di volere assumere. Un buon esempio per scienziati e decisori politici.
Fonte: gmwatch.org